Insieme ad un gruppo di deputati
e senatori, convinti che Scelta civica debba evolversi verso una partecipazione
più democratica e popolare, ho steso un documento su cui vorrei aprire una
discussione.
Il testo avrebbe dovuto essere
discusso nell’assemblea del 15 novembre, che ho lasciato per evidente irregolarità.
La questione non è affatto tecnica, ma investe la validità dell’assemblea
stessa. Con un regolamento presentato con un blitz all’inizio dell’Assemblea,
infatti, si voleva cambiare lo Statuto attribuendo la possibilità (non prevista
nello Statuto) di dare deleghe ai presenti per votare le nuove cariche. Le
deleghe erano già in mano solo di alcuni associati (e non sono state date ad
altri). Il risultato è stato quindi precostituito escludendo il voto di una
parte. Dispiace che non si sia potuto dibattere sul merito sulla linea
politica, ma tutti possono capire che, come vicepresidente, non avrei potuto
avallare una votazione evidentemente
condizionata.
In democrazia, specialmente nei
casi in cui si vota e si decide il futuro di un’associazione o di un movimento,
la forma è sostanza. Altrimenti
sarebbe come dire che il fine (buono o meno che sia) giustifica la violazione
delle regole e che per eleggere quelli che ritengo essere i più adatti posso
ricorrere a metodi che infrangono lo Statuto condiviso e approvato. Questo non
è il bene di Scelta civica, che spero possa diventare un soggetto
autenticamente aperto e inclusivo.
Ecco il testo del documento sulla piattaforma di programma
su cui mi farebbe piacere avere pareri e suggerimenti.
Per una
nuova fase di impegno civico e politico
Il percorso politico nato dall’iniziativa “Verso
la Terza Repubblica”, alla fine del 2012, e concretizzatosi con la costituzione
di Scelta Civica, ha rappresentato una novità significativa e un passo avanti nella
storia politica italiana. Persone e culture politiche differenti si sono
ritrovate nell’obiettivo comune di ricostruzione sociale, economica e
istituzionale del Paese.
La drammaticità di una crisi finanziaria ed
economica senza precedenti ha reso inaccettabili le responsabilità di una
classe politica autoreferenziale e inefficiente, che nei due decenni passati
non ha saputo far crescere e modernizzare l’Italia. Il risultato è quello di un
Paese impoverito, più diviso, meno solidale e fiducioso nel futuro, che non
riesce a stare al passo con le altre democrazie europee. L’elenco di cosa non
funziona è noto, come nota è la reazione dei cittadini: astensione elettorale e
preoccupanti manifestazioni di antipolitica.
Il processo di rinnovamento del Paese, in grado di
realizzare le riforme necessarie, ma anche di aggregare intorno ad esse il
consenso popolare, richiede tempo, fatica, coraggio e pazienza. Ogni
scorciatoia, lo abbiamo purtroppo visto in questi mesi, è destinata ad
allontanarci dalla meta.
In questa prospettiva, le dimissioni del
presidente Monti dalla guida di Scelta Civica – cui tutti riconosciamo coraggio
e dedizione al Paese - e l’accelerazione del confronto interno, non sono che
gli evidenti segni dell'esigenza di far crescere un progetto politico in modo
democratico, oltre gli schemi cooptativi ereditati dal tempo della competizione
elettorale.
Siamo un soggetto politico in formazione, con la
precisa volontà di concorrere, con molti altri che ancora non hanno avuto il
coraggio di scegliere il cambiamento, a costruire una forza maggioritaria nel
Paese e nel Parlamento. Per questo è nostro compito proporre un progetto
politico stabile e maturo, a larga partecipazione popolare, non elitario, per
non tradire le aspettative e le speranze che abbiamo suscitato.
Il primo passo deve essere la chiarezza nel
definire la nostra identità, i valori di appartenenza e la nostra proposta
politica. Non siamo né un cartello elettorale né un partito personale, ma
un soggetto che va costruito in stretta saldatura tra i parlamentari, i
simpatizzanti e la gente del nostro Paese che guarda alla politica con
preoccupazione e interesse. Ogni incertezza, ogni elitarismo prigioniero di
sole logiche parlamentari, come abbiamo visto nei mesi passati, ci condanna
all’irrilevanza.
Non è più il tempo delle ideologie, ma delle
idee. Per questo la cultura politica non è un orpello da lasciare al
Ventesimo secolo. Proprio in un periodo in cui mancano idee sul futuro, la
politica non può rinunciare ad avere una visione generale. Cresce tra i
cittadini una domanda di "senso" e di orientamento. Al gonfiarsi dell’individualismo
va contrapposta una concezione autenticamente comunitaria della democrazia.
La politica non è tecnicismo, non è mera
amministrazione, ma scelta delle priorità alla luce della visione del bene
comune degli italiani. Cambiare la politica non significa negarne il valore, ma al contrario
“ridarle un’anima”, un ancoraggio umano e culturale.
In questa logica proponiamo di costruire un'area
politica autenticamente e innovativamente popolare, che riprenda - con nuovi
linguaggi, nuove sensibilità e nuova classe dirigente- allo stesso tempo la storia del popolarismo e
del pensiero liberale .
Intendiamo con questo l'impegno a radicarci
nelle realtà locali, la scelta di far crescere la politica nella partecipazione
democratica, in un rapporto tra eletti e aderenti fatto di mutuo scambio.
L'Italia, per evitare gli effimeri populismi (che nascono anche come risposta
alla chiusura nel palazzo), ha bisogno di una politica popolare.
Nulla a che vedere con inaccettabili
strumentalizzazioni delle convinzioni religiose né con operazioni nostalgiche.
Noi vogliamo guardare avanti:
·
al riconoscimento dei diritti umani per tutti e per ciascuno
·
all’uguaglianza e all'equità per ridistribuire ricchezza e dare
opportunità a tutti;
·
alla valorizzazione della famiglia riconosciuta dalla Costituzione;
·
alla tutela della vita in tutte le sue stagioni;
·
al diritto al lavoro per permettere a tutti di vivere con
dignità;
·
al sostegno all'attività imprenditoriale responsabile e innovativa;
·
all'ammodernamento istituzionale e allo snellimento della macchina
pubblica;
·
alla costruzione di una società accogliente e plurale.
Solo in questo modo, lo spirito riformatore riesce
a non sfociare in indifferenza verso la giustizia e la coesione sociale. Solo
così si rinnegano le spinte populiste che si fanno strada oggi in Europa.
Il “chi siamo” passa anche da una nuova forma di
partito: né liquido né pesante, non verticistico, bensì una struttura federale,
solidale e plurale di aderenti, associazioni e movimenti territoriali. Non una
macchina elettorale a servizio di un leader ma uno strumento democratico,
aperto e trasparente, di partecipazione per i cittadini, nonché di formazione
di una classe dirigente onesta, capace e preparata.
Ciò che vogliamo e possiamo ora costruire è un
popolarismo di nuova concezione, radicato nella cultura di un cristianesimo
rinvigorito dai valori di Papa Francesco universalmente riconosciuti, anche innervato
dalla coscienza laica. Plurale per sua natura, esso non è confessionale ma
risponde al superamento di steccati antichi e nuovi. Comunitario, vuole
ricostruire un ethos condiviso e suscitare passione per un destino comune.
Nemico di ogni populismo, esso è esigente sul piano della moralità nella vita
pubblica e rigoroso nella gestione della finanza.
Da questa visione derivano chiare scelte
riformiste:
- Verità nella comunicazione ai cittadini
sulla reale situazione italiana, mantenendo con scrupolo il rispetto dei
vincoli economici, per non scaricare su figli e nipoti il peso delle mancate
scelte di oggi.
- Centralità del
lavoro e dell’impresa per ridare prospettiva di crescita, economica ed
umana, al Paese. Disoccupazione, sottoccupazione, assistenzialismo si
contrastano concentrando tutte le risorse disponibili in un piano organico di
rilancio delle attività produttive, in un quadro di economia sociale di mercato
altamente competitiva e perciò idonea a garantire a tutti di poter progredire
nella scala sociale.
- Semplificazione amministrativa per snellire la macchina pubblica,
che non può essere un ostacolo all’iniziativa imprenditoriale: anziché pensare
all’ennesima grande riforma, che resterebbe lettera morta, sosteniamo un’opera
di “smaltimento normativo” per rendere la macchina burocratica più semplice e
per applicare le tante buone leggi che già ci sono.
- Riformismo sociale per cambiare in
profondità il nostro Paese e l’Europa senza lasciare nessuno indietro. Le
riforme debbono essere spiegate ai cittadini affinché ne comprendano le ragioni
ed i benefici e debbono tener conto delle conseguenze che producono, in
particolare sulle fasce della popolazione più vulnerabili e molto provate dalla
crisi in corso. C'è una domanda di inclusione di cui si deve tener conto con
grande attenzione. La società italiana è percorsa da troppe fratture, che
drammaticamente la mettono alla prova e sono espressione della grande fragilità
nazionale.
- Autonomismo responsabile capace di dare
attuazione al principio di sussidiarietà ed insieme di aumentare democrazia e
buongoverno. Dobbiamo rimettere mano alla riforma dello Stato per liberare
energie esistenti nella società ed insieme combattere gli enormi sprechi di
burocrazie e clientele sviluppatesi negli anni.
- Vocazione europea e mondiale dell’Italia,
chiamata ad assumere nuovamente un ruolo chiave nella ridefinizione del quadro
globale. C’è bisogno di un nostro protagonismo per costruire gli Stati Uniti
d’Europa, capaci di programmare un progetto non solo di tenuta ma anche di
crescita comune, fuori dai tecnicismi delle burocrazie, affinché l’UE divenga
vera potenza globale, capace di assicurare stabilità interna e pace in molte
aree del mondo, a partire dalla crisi in Medio Oriente.
Tale progetto comporta scelte politiche
contingenti e di medio e lungo respiro.
Innanzitutto - secondo gli auspici del Capo dello
Stato – offriamo un convinto sostegno con vigile lealtà al Governo Letta
affinché possa operare per tutta questa legislatura. Ciò é nell'interesse del
Paese, che ha bisogno di stabilità per profonde riforme, anche costituzionali,
prima di tornare alle urne.
Una stagione si sta chiudendo. La nuova non può
essere costruita sull’ambizione di ereditare semplicemente una parte del
vecchio sistema. Perciò non avrebbe senso partecipare in nessun modo alla
trasformazione del PDL o offrire sponda a chi la teorizza anche evocando un
presunto “padre nobile”.
Il futuro e' un partito popolare, democratico,
riformista, europeista, in netta
discontinuità con la stagione berlusconiana e che in prospettiva si pensa
e si organizza in concorrenza con la sinistra, ma
degasperianamente alternativo alla destra.
Questo progetto si colloca naturalmente – pur se
in modo originale - nell'alveo del Partito Popolare europeo.
Molti cittadini, tra cui tanti elettori e simpatizzanti,
potranno essere coinvolti in tale progetto per far evolvere un disegno finora
rimasto in fase embrionale. Infatti, il vero cambiamento avviene con la
partecipazione dei cittadini e non solo degli eletti delle istituzioni.
Tale nostro progetto è possibile solo con tante persone nuove, soprattutto
credibili, che devono essere coinvolte attivamente.
Per questo sarà fondamentale un confronto
quanto più aperto possibile nei gruppi parlamentari, a cominciare
dall’assemblea convocata per oggi e domani, in cui si mettano in
discussione le diverse posizioni politiche e non personali. Dobbiamo chiarire
senza equivoci il nostro intento di costruire un partito autonomo, oggi e nel futuro, da chiunque rappresenti il modello
bipolare a carattere leaderistico che ci ha condotto all’attuale crisi politica.
Dalla rigorosa verifica degli obiettivi discendono le scelte organizzative, ivi
comprese eventuali divisioni che non possono essere determinate da
anacronistiche e illogiche “cacciate” o espulsioni. E insieme dovrà avviarsi una
nuova fase della nostra storia comune, caratterizzata da un appello ai
tanti che, nella politica come nella società civile, sono alla ricerca di una
seria strada da percorrere insieme. Vogliamo chiudere questa stagione delle
polemiche interne (tutte accentrate in un gruppo autoreferenziale) per aprirci
finalmente ad un autentico confronto con i tanti cittadini che hanno creduto in
noi, nel progetto incarnato nelle liste di “Scelta Civica” e di “Con Monti per
l’Italia”, e con i tanti che continuano a guardare, sempre più delusi, a ciò
che la politica propone per il futuro dell’Italia.
Gli italiani si sentono sempre meno rappresentati
dalla politica e, allo stesso tempo, hanno voglia di fare qualcosa per
orientare il loro futuro. Il nostro sarà quello di ridare loro rappresentanza
sui problemi concreti della loro vita, non con fumosi, astratti o elitari discorsi.
Questa rappresentanza si ricostruisce con proposte concrete e serie, ma anche
attraverso l'ascolto e il coinvolgimento dei cittadini in un grande progetto.
La politica deve tornare a incarnare la voglia che il Paese cresca e la
speranza di un futuro migliore per tutti gli italiani.
Roma 15 novembre 2013
Il futuro e' un partito popolare, democratico, riformista, europeista, in netta discontinuità con la stagione berlusconiana e che in prospettiva si pensa e si organizza in concorrenza con la sinistra, ma degasperianamente alternativo alla destra. Condivido pienamente anche se vorrei comprendere come evolve la questione Renzi. Cordialità Cesare Palombi
RispondiEliminaMi spiace... chi si assenta ha sempre torto.
RispondiEliminaIo sono venuto da Torino anche per ascoltare le tue e vostre ragioni.
Non ho capito le motivazioni allora e non le ho capite nemmeno ora dopo aver letto il tuo documento.
Forse è meglio che, con spirito di amcizia, ognuno vada per la propria strada. Ciò potrà significare che ogni qualvolta avremo idee condivisibili ci ritroveremo programmaticamente sullo stesso terreno.
Buona fortuna!
Marco Cavaletto
SC Piemonte